Il Sole in una stanza

In un laboratorio californiano è stato condotto un esperimento molto importante, definito una svolta storica per l’umanità. I media ne hanno dato grande risalto e lo stesso Dipartimento americano ha indetto una conferenza stampa in diretta da Washington per annunciare al mondo il grande risultato. Scopriamo di cosa si tratta…

Stiamo parlando della fusione nucleare, ossia del fenomeno atomico che si manifesta all’interno delle stelle, compreso il nostro Sole.
Ma prima di entrare nel merito della notizia, chiariamo in poche parole che cos’è la fusione nucleare: una reazione nella quale due o più atomi si uniscono insieme formando il nucleo di un nuovo elemento chimico.

Non è un’operazione semplice perché per poter fondere due nuclei differenti bisogna avvicinarli tra di loro superando la grande energia di repulsione elettromagnetica.
Normalmente all’interno delle stelle si fondono due nuclei leggeri di deuterio e trizio che determinano, unendosi, un nuovo nucleo di elio. La caratteristica di questa unione è quella di essere esotermica, cioè di emettere energia, infatti il nucleo di elio non è uguale alla somma dei nuclei di deuterio e trizio, ma pesa di meno poiché parte della sua materia si è trasformata, durante la fusione, in energia.

Questo fenomeno è noto da tantissimo tempo e molti gruppi internazionali, tra cui l’Italia, stanno lavorando a differenti progetti che utilizzano dei Tokamak, delle macchine con un nucleo a forma di anello (toroidale) che, grazie a superconduttori e raggi laser a forte concentrazione, riescono a determinare le condizioni che si verificano nel nucleo di una stella.

Nel Sole, la temperatura del suo nucleo è di circa 14 milioni di gradi e la fusione degli isotopi dell’idrogeno avviene grazie all’enorme forza magnetica generata dal suo campo gravitazionale. Non potendo determinare in laboratorio tali condizioni, la temperatura dei Tokamak viene portata oltre 100 milioni di gradi grazie ai raggi laser, consentendo così la fusione.
Il problema finora è stato rappresentato dalla quantità di energia necessaria per provocare l’unione che è di gran lunga superiore a quella prodotta, ottenendo così un processo poco vantaggioso.

La svolta americana sta proprio nel fatto che, per la prima volta, si è riusciti a produrre più energia di quella impiegata per la fusione.
La notizia è di enorme portata e apre il campo a successivi sviluppi e successi scientifici e tecnologici il cui scopo è quello di riuscire a portare questo esperimento ad una sua finalizzazione di tipo industriale e commerciale.

Gli stessi scienziati della National Ignition Facility (installazione di ricerca sulla fusione a confinamento inerziale basata su laser presso il Lawrence Livermore National Laboratory a Livermore) hanno comunque messo in guardia da eccessivi entusiasmi, confermando che serviranno diversi anni per poter raggiungere un risultato commercialmente utile.
È vero, però, che questa scoperta abbrevia i tempi prospettati (50-60 anni), in tempi più brevi, probabilmente al di sotto dei trent’anni.
I problemi da dover superare sono comunque diversi. Bisognerà innanzitutto essere in grado di produrre molti inneschi per fusione al minuto e costruire un sistema in grado di realizzare queste trasmissioni.
Solo quando si riusciranno a superare i molteplici problemi tecnici e funzionali si potrà costruire una vera e propria centrale elettrica in grado di produrre enormi quantità di energia a impatto zero.

L’esperimento americano è riuscito grazie all’uso di 192 fasci laser ad alta concentrazione sparati in una camera a vuoto, un contenitore senza aria all’interno del quale è stato posto un cilindro forato di alcuni millimetri. Questo piccolo cilindro racchiude a sua volta una capsula sferica, di circa 3 o 4 mm di diametro, in cui sono confinati il deuterio e il trizio, gli isotopi responsabili della fusione nucleare. Attraverso i fori del contenitore cilindrico i laser colpiscono la sferetta generando raggi X che trasformano il guscio in plasma, un gas di particelle elettricamente cariche che espandendosi comprimono il deuterio e il trizio fino a ottenere la pressione e la temperatura necessari per innescare la fusione.

Un grande risultato che apre la strada ad un futuro in cui probabilmente riusciremo ad avere un piccolo Sole in una stanza e non dovremo più preoccuparci dell’esaurimento delle risorse o dell’inquinamento che i processi di trasformazione provocano sull’ambiente.


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