Parliamo delle immagini in digitale

Se parliamo di immagini, tutti sanno di cosa si tratta e come si possono usare su diversi programmi, quali ad esempio Photoshop di Adobe® o la sua versione freeware GIMP. Quanti di voi però sono effettivamente coscienti di cosa stanno facendo quando inseriscono un’immagine su un documento?

Vediamo, quindi, di mettere in luce pregi e difetti di quello che realizziamo sui nostri elaborati digitali.

Utilizzando le immagini, copiate da Google Image o dal PC di un amico, ci accorgiamo che il nome del file è seguito da un suffisso formato da un punto seguito da tre caratteri alfanumerici? Cosa vogliono dire quei caratteri?
Si tratta di quella che viene definita estensione del file (extension in inglese significa appunto suffisso), ossia un codice attraverso il quale il sistema operativo del computer riconosce la tipologia del file, ne interpreta il contenuto (testo, immagine, video, suono, ecc.) e stabilisce con precisione quale applicativo utilizzare per aprirlo. Nei moderni sistemi operativi, al suffisso si è aggiunta anche l’icona che identifica il programma che ha creato il file o che è in grado di aprirlo. Vi è mai capitato di cambiare l’estensione a un file? Se ci provate noterete che anche la sua icona cambierà, perché il sistema operativo verrà ingannato, riconoscerà quel file per qualcosa di diverso e gli assegnerà un nuovo programma per aprirlo. L’unico problema è che il nuovo programma non riuscirà ad aprire il file informandoci, nel migliore dei casi, che il contenuto è danneggiato.

I formati grafici esistenti sono tantissimi, ogni sviluppatore ha cercato di imporre il proprio standard e le proprie soluzioni. Con l’avvento dell’open-source e con l’affermarsi di alcuni software rispetto ad altri, alcuni formati sono diventati universali (cioè gestiti da tutti i software) proprio per la loro reale qualità rispetto ad altri o perché progettati da un software egemone a livello mondiale. Tra i formati maggiormente diffusi troviamo:

jpgJPEG (Joint Photographic Experts Group), un formato nato da un consorzio open-source: si tratta di un algoritmo in grado di comprimere le immagini digitali, sia a toni di grigio che a colori, con perdita di qualità. Si basa sul fatto che l’occhio umano percepisce maggiormente le basse frequenze rispetto alle alte, quindi opera eliminando delle informazioni a partire dall’alto. Maggiore sarà il fattore di compressione, maggiori saranno le informazioni eliminate con deperimento dell’immagine.

tiffTIFF (Tagged Image File Format) è un formato che consente di memorizzare un gran quantità di dati oltre all’immagine stessa. Lo svantaggio è dato dal fatto che non esiste un programma che interpreti perfettamente l’immagine. Questo significa che lo stesso file può essere visualizzato con colori diversi a seconda dell’interprete scelto. È un formato molto diffuso in ambito grafico e consente diversi livelli di compressione, ad esempio LZW e ZIP sono di tipo lossless, ossia senza perdita di dati, mentre JPEG è di tipo lossy, ossia con perdita di dati.

gifGIF (Graphics Interchange Format) è un formato per immagini digitali di tipo bitmap molto utilizzato sul web. Con questo formato, sono memorizzabili solo 256 colori, ma in compenso è possibile creare immagini animate. Il formato consente in pratica la registrazione di più immagini diverse in un unico file per la creazione di piccole animazioni.


bmpBMP (Windows Bitmap) è un formato dati utilizzato per le immagini raster sui sistemi operativi Microsoft Windows, con i quali venne introdotto nel 1990. Il .bmp permette operazioni di lettura e di scrittura del file molto veloci senza perdita di qualità. Tuttavia richiede un maggior quantitativo di memoria rispetto a formati analoghi. Un altro limite di questo formato è la mancanza di un supporto alle trasparenze.


pngPNG (Portable Network Graphics) è un formato sviluppato in seguito all’introduzione del pagamento di una royalty all’usatissimo formato GIF. Quindi il PNG è un’alternativa (libera) al GIF. È in grado di immagazzinare immagini in modo lossless, più efficiente con immagini non fotorealistiche. Essendo stato sviluppato molto tempo dopo, non ha molte delle limitazioni del GIF: può memorizzare immagini in colori reali e ha un canale dedicato per la trasparenza, il cosiddetto canale alfa.

psdPSD (PhotoShop Document) è un formato nativo del programma di fotoritocco Adobe Photoshop e serve per il salvataggio di immagini con le differenti caratteristiche gestite dal programma. In questo formato è possibile conservare informazioni di ogni tipo, tra cui i livelli, le maschere, gli spazi colore, i profili ICC, il canale alfa, il testo e molto altro. I vantaggi sono evidenti; rappresenta il punto di partenza per gli operatori della grafica. Lo svantaggio deriva dal fatto che tutte queste informazioni richiedono spazio, per cui le dimensioni dei files sono molto elevate.

 

LE DIMENSIONI DI UN'IMMAGINE

Un altro importantissimo aspetto delle immagini sono le dimensioni. Le immagini che visualizziamo sul monitor o stampiamo sulla carta non si misurano in centimetri o pollici, bensì in pixel (acronimo di picture element). Sul monitor ogni immagine deve essere interpretata dal processore, per questo è scomposta in un numero molto alto di righe e colonne che si incontrano a tra loro in punti precisi sullo schermo, chiamati appunto pixel, definiti dalla loro posizione XY, dal colore e dall’intensità. In questo modo il processore riesce a visualizzare correttamente l’immagine a video.pixels

Quindi il pixel è la più piccola parte in cui può essere scomposta l’immagine. Tantissimi pixel l’uno vicino all’altro compongono l’immagine completa. I pixel, generalmente, sono così vicini tra di loro da non essere distinguibili ad occhi nudo né sul monitor né in stampa.
Ne consegue che maggiore è il numero di pixel di cui è composta l’immagine, maggiore sarà il dettaglio e la nitidezza con cui questa viene rappresentata. Il concetto di pixel è applicato uniformemente a tutti i tipi di immagine digitale, benché in alcuni casi prenda nomi leggermente differenti: ad esempio quando parliamo di immagini prodotte da un dispositivo fotografico digitale si parla di mega-pixel, ossia milioni di pixel. Quando invece ci riferiamo all’immagine sul monitor, questa misura è espressa come un prodotto: definiamo infatti la risoluzione di un monitor come 768x1024, indicando in questo prodotto il numero di pixel in altezza per quelli in larghezza. Bisogna ricordarsi che la misura del pixel sullo schermo è relativa, in quanto l’utente può modificarla a piacimento dal pannello di controllo. Cambiando la risoluzione si modifica anche quella dell’immagine, che risulterà a questo punto deformata o sfocata (per rendersi conto basta scegliere un’immagine come sfondo scrivania e provare tra le scelte che il sistema operativo fornisce per la sua visualizzazione).

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