Dottor Bot, oggi non mi sento bene!

Quando i malanni ci colgo, perché, come ci ricorda una famosa canzone “le malattie arrivano, ragazzi, non dobbiamo nascondercelo” (“Angela” tratta da Cado dalle nubi,2009), la figura del medico risulta a dir poco salvifica. Dal piccolo raffreddore alle patologie più complesse e gravi, il medico diviene il professionista al quale affidiamo completamente la nostra vita; nel suo percorso di indagine diviene inoltre psicologo, terapeuta, amico, nell’idea che “al dottore nulla deve essere nascosto”, perché ogni piccolo particolare, anche il più recondito, può ricondurlo ad una corretta diagnosi.

In questo rapporto, quasi simbiotico e privato, con il medico, in particolar modo quello definito “di famiglia”, che nell’antichità veniva considerato un semi-dio in quanto capace di restituire la salute, bene assoluto e inacquistabile, oggi si insinua un nuovo collega che di umano ha ben poco: Xiao Yi, il primo robot ad aver superato l’abilitazione medica.
Xiao Yi è un progetto realizzato dall’azienda cinese iFlytech Co. Ltd, in collaborazione con la Tsinghua Univerity di Pechino, con l’obiettivo di formulare delle diagnosi precoci. Per raggiungere tale scopo, oltre all’abilitazione nel campo medico, il dottor bot ha raccolto ed analizzato i dati anamnestici, i referti e i sintomi di milioni di pazienti per poter arricchire la sua conoscenza e giungere all’obbiettivo prefissato. Le sue capacità diagnostiche derivano essenzialmente dalla presenza di un software in grado di catalogare grandi quantità di dati e di riconoscere in questi gli schemi di progresso delle malattie e non solo, perfezionando nel tempo gli algoritmi di ricerca ed individuazione, grazie anche all’apporto di numerosi medici di diverse specializzazioni, è in grado di associare l’eventuale schema al paziente.
In effetti bisogna precisare che l’esame di abilitazione alla professione medica in Cina viene svolto sottoponendo al candidato un caso reale, e dunque per superarlo non è sufficiente memorizzare manuali medici, ma è necessario applicare diverse valutazioni per giungere ad un quadro completo del paziente.

 

 

L’idea nasce dalla grave carenza di personale medico, in particolar modo nelle campagne cinesi, e dalla possibilità di incrementare l’accesso alle cure mediche dei cittadini meno abbienti.
Xiao Yi, grazie ai dati raccolti, potrebbe essere il primo baluardo per l’individuazione e la cura di particolari forme di cancro difficilmente identificabili all’origine, oltre che un validissimo strumento per i medici neolaureati.
Il super “cervello artificiale” del nostro Dottor bot non è il primo ad essere adoperato nel campo medico, infatti l’AI ha già fatto il suo ingresso nelle sale operatorie; Watson, l’AI giapponese, viene adoperata per l’identificazione dei casi di cancro non ancora facilmente diagnosticabili, mentre alla Humanitas University di Milano è un utile strumento per valutare situazioni cliniche complesse.
Negli Stati Uniti lo stesso assistente vocale di Amazon, Alexa, aiuta i medici in sala operatoria per effettuare le operazioni di security check prima degli interventi e dialoga con i pazienti per raccogliere informazioni utili sulla loro storia clinica.

 

Ovviamente questo non significa che a breve siederemo in uno studio medico dove esporremo tutti i nostri malanni ad un dottore fatto di circuiti elettrici che, anziché prendere nota su di un foglio di carta, memorizzerà in una cartella del suo “cervello” i nostri dati, anche perché per ora l’AI non è così sviluppata da garantire che i robot riescano a gestire gli imprevisti nella diagnosi e nel trattamento delle patologie. Il futuro prossimo di Dottor bot è certamente quello di essere un utile assistente, per fare in modo che, tra sintomi e referti, i medici possano avere un ulteriore riscontro per diagnosticare in maniera sempre più precisa e anticipatoria eventuali patologie. Non solo la gestione dell’imprevisto, ma quello che per ora l’AI non è riuscita ancora ad apprendere dall’essere umano è legato alla sfera relazionale, come il contatto empatico ed il rapporto emotivo con il paziente, oltre alla capacità di saper rintracciare soluzioni creative applicando il pensiero divergente.
Ci vorrà ancora del tempo prima che Dottor bot possa gioire con un proprio paziente perché finalmente ha raggiuto la completa guarigione.

 

A cura di Ilaria Marrazzo.

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