Giocando si impara
Far giocare un robot per farlo apprendere, è quello che stanno facendo i ricercatori del MIT di Boston. In un articolo appena pubblicato su Science Robotics, hanno descritto la loro ricerca che ha visto cimentarsi per la prima volta un robot ad una partita di Jenga. Il classico gioco dei mattoncini dove vince chi riesce a spostare più mattoncini senza far crollare la torre.
Lo studio nasce dal tentativo di migliorare le capacità oculo-manuali dei robot. Infatti, ad un bambino viene naturale organizzare i suoi movimenti in base a ciò che lo circonda già da tenera età, mentre per un robot, questo coordinamento risulta molto più complesso.
Il problema non è la capacità del robot di interagire con gli oggetti e movimentarli nello spazio; anzi se teniamo presenti le catene di produzione industriale, vediamo che i robot sono in grado di manipolare, tagliare, spostare, ruotare oggetti molto più velocemente e con maggiore precisione di qualunque essere umano. Il problema nasce se le operazioni e le interazioni tra l’oggetto e la macchina non sono state programmate precedentemente con grande precisione. Qui interviene l’intelligenza artificiale, cioè quella parte della scienza che cerca di dotare i robot, quindi meccanismi fatti da parti hardware e software, delle capacità di muoversi e adattarsi alle situazioni senza una pre-programmazione.
L’essere umano riesce ad apprendere velocemente e adattarsi in maniera quasi immediata perché è abituato sin da piccolo all’interazione e alla collaborazione tra diversi sensi: tatto, vista, udito, olfatto che, insieme ci forniscono una rappresentazione intuitiva delle leggi fisiche che circondano. Per noi è semplice capire se possiamo camminare su un terreno oppure no a piedi scalzi, è facile comprendere se dovessimo fare un salto dove arriveremmo, a prescindere dalla situazione in cui ci troviamo.
La stessa cosa accade quando ci cimentiamo con la torre di mattoncini del Jenga; sappiamo fin da subito quali e come li dobbiamo muovere per evitare che la torre crolli. I robot, finora, hanno agito esclusivamente attraverso un solo senso, quello della vista, utilizzando telecamere capaci di fornire le informazioni necessarie a costruire un modello dello spazio circostante, ma tutto cambia quando cambia lo scenario. Manca totalmente la capacità tattile, l’idea della fisica che regola la posizione dei mattoni. Quindi, mentre per noi spostare un mattoncino, ci rende immediatamente consapevoli delle conseguenze fisiche di questo gesto ad un robot, questa consapevolezza, manca del tutto.
Il gioco di società Jenga, uno dei più famosi classici al mondo, è il sistema perfetto per testare nuovi algoritmi e nuovi approcci per lo sviluppo di intelligenze artificiali. Immaginiamo di giocare senza il senso del tatto o senza la vista, quindi, senza le informazioni di uno dei due sensi di cui disponiamo, questo renderebbe molto complesso interpretare le leggi della fisica che ci circondano e risolvere il gioco. E’ un po’ quello che capita ad un robot oggi. I ricercatori del MIT, guidati dall’ingegnere meccanico Nima Fazeli, ha sviluppato un modello di intelligenza artificiale che non si limita a processare un set di dati per eseguire un determinato compito ma, al contrario, integra informazioni visive e tattili per costruire un modello fisico intuitivo che renda comprensibili e governabili le interazioni tra oggetti.
I cercatori, realizzato l’algoritmo, hanno messo un piccolo robot, dotato di una pinza con sensori di pressione e una telecamera, alle prese con il Jenga al fine di completare una partita. Dopo un breve allenamento durato poco tempo, il robot ha costruito un modello fisico, visivo e tattile, dei mattoncini di legno che costituivano la torre, ha così iniziato a spingerli e tirarli spostandoli in cima come in una partita vera. L’esperimento è stato ripetuto usando due algoritmi di Machine Learning tradizionali e questo ha dimostrato la validità del nuovo approccio e di come l’interazione tra due sensi risultasse di gran lunga più efficace della programmazione tradizionale. Il robot ha stracciato i suoi sfidanti.
L’importanza di questa ricerca dimostra come sia stata intrapresa una nuova strada che potrebbe aprire nuovi orizzonti per applicazioni concrete e, forse, anche il Jenga sarà inserito all’interno della lunga lista di giochi nei quali un robot e un computer sconfiggono un essere umano.
Immagini da news.mit.edu www.hindustantimes.com
A cura di Davide Emanuele Betto.