F.O.R. working: l'evoluzione dello smart working
La pandemia che ha colpito nel 2020 il nostro pianeta ci ha colti parzialmente impreparati, sovvertendo il mondo così come lo conosciamo, annullando in un attimo tutte le certezze acquisite e le pratiche standardizzate e sperimentate.
Scuola, lavoro, trasporti, economia, tutto ha subito un contraccolpo, tutto si è trovato nell’ imprevista condizione di dover modificare ogni singola procedura, ogni singolo processo per far fronte ad una situazione paradossale, imprevista e per molti versi ingestibile.
Le aziende, che già in qualche modo erano entrate nell’ottica del cambiamento, hanno dovuto compiere un balzo temporale in avanti enorme e immediato, reinventando i processi produttivi, lavorativi, organizzativi.
Abbiamo imparato a conoscere lo smart working.
Il lavoro a distanza ha consentito, nella situazione di emergenza, di proseguire in modalità diversa le attività lavorative, rinforzando nei lavoratori il senso di appartenenza all’azienda, il senso di responsabilità come condizione per raggiungere i risultati attesi nonostante le evidenti difficoltà. Inoltre, il lavoro a distanza ha permesso di svolgere in modalità diverse molte delle attività prima in presenza, migliorando, in alcuni casi, significativamente le condizioni lavorative, ambientali e produttive.
Dall’analisi di questa nuova situazione, è nato un progetto frutto di un accordo firmato da Federchimica, Farmindustria e dai sindacati del settore, un nuovo contratto nazionale capace di gestire i cambiamenti in atto, di far partecipare i lavoratori alla vita aziendale indipendentemente dalla loro presenza fisica e di prevedere adeguati percorsi di formazione così da non far perdere il valore sociale dell’impresa.
È nato quello che è stato definito F.O.R. working, dove F.O.R. è l’acronimo di Flessibilità, Obiettivi e Risultati.
Il For working non prevede nessun obbligo di presenza, neanche settimanale o mensile, e nessun obbligo di orario al di là di quelli suggeriti dal buon senso, per esempio se c’è un incontro programmato: il lavoro sarà misurato solo sugli obiettivi concordati.
In Italia, la prima azienda che sta sviluppando questo nuovo concetto di lavoro è la multinazionale del settore chimico Sasol, che ha avviato nel maggio 2021 una sperimentazione di questa nuova modalità lavorativa su un numero limitato di dipendenti della sede milanese.
La fase sperimentale consentirà a tutti i partecipanti di fare esperienza per acquisire questi nuovi processi lavorativi, identificando nuovi parametri di misurazione della qualità del lavoro, del valore dell’individuo e della funzionalità dei percorsi in modo da poter definire una nuova scala di valori e conseguentemente una nuova scala retributiva.
Nell’idea del consorzio di federazioni c’è sicuramente quello di creare modelli di lavoro sostenibili e replicabili in differenti tipi di aziende e contesti senza però avere la pretesa di cambiare le abitudini lavorative di tutti.
L’esperienza del Covid, in questo modo, può aver dato una mano a cambiare il nostro concetto di azienda e i suoi obiettivi, fornendo delle opportunità che possano diventare vantaggi in termini di produttività, benefici economici, impatto ambientale e soprattutto bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa.