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Da Stanford la batteria che non esplode

La rivista americana Time ha stilato una classifica dei 50 gadget che hanno rivoluzionato il mondo dell’hi-tech negli ultimi anni. Sfogliando la gallery è interessante notare come molti di questi accessori siano dei dispositivi mobili.

Certo, non è una novità che la tecnologia mobile ha cambiato in maniera radicale il nostro modo di vivere: è impensabile al giorno d’oggi passare 24 ore senza mai toccare uno smartphone o un tablet.

Proprio perché abbiamo facile accesso a questi strumenti ne conosciamo bene i pregi ma anche i limiti. Ad esempio, tutti condividiamo il dramma di avere uno smartphone scarico quando serve e non disporre di una presa di corrente a portata di mano dove ricaricarlo.

Le batterie sono la parte più delicata della tecnologia mobile, quella che si usura più facilmente, e, potenzialmente, anche la più pericolosa. I componenti chimici con cui sono realizzate possono surriscaldarsi se esposti a un utilizzo prolungato o a fonti di calore, causando un danno irreversibile per il funzionamento del dispositivo o in casi gravi persino un’esplosione.

Un team di ricercatori dell’Università di Stanford, diretto dalla professoressa di ingegneria chimica Zhenan Bao, ha sviluppato una nuova tecnologia che mira proprio a garantire maggiore sicurezza nell’utilizzo dei dispositivi a batteria.

Il punto di partenza per la ricerca sono le comuni batterie agli ioni di litio, composte da due elettrodi e dal gel elettrolita che trasporta un sale di litio tra i due poli. Normalmente un’accidentale foratura o un sovraccarico possono provocare un aumento della temperatura fino a oltre i 150°C, innescandone l’esplosione.

Il team di Stanford invece ha provato a inserire una pellicola che avvolge tutto il corpo della batteria, composta da polietilene elastico rivestito di particelle di grafene e nichel. Questa pellicola, collegata a uno degli elettrodi, consente normalmente il passaggio della corrente quando le particelle di nichel e grafene sono a contatto. Nell’eventualità di un corto circuito o di un sovraccarico la temperatura aumenta, e superati i 70°C il polietilene si espande: in questo modo le particelle di nichel e grafene si staccano spegnendo il dispositivo. Dopo qualche minuto dal surriscaldamento, quando tutti i componenti si saranno raffreddati, la pellicola si contrarrà nuovamente riportando le particelle di nichel e grafene a contatto e riaccendendo la batteria. Il valore di espansione della pellicola può essere modificato i base al tipo di polimero utilizzato.

La grande innovazione di questo studio deriva dalla reversibilità del processo di spegnimento. In passato sono stati testati altri sistemi simili, che prevedevano soltanto lo spegnimento della batteria prima del raggiungimento dei 150°C, rendendola però successivamente inutilizzabile. Questo approccio consente invece di spegnerla senza danneggiarla, garantendo la sicurezza e integrità del dispositivo anche dopo diversi cicli di stop.

 

16 Giugno 2016

L' autore

I contenuti sono a cura di Davide Emanuele Betto.
Laureato in Architettura presso l’Università di Reggio Calabria, ha conseguito il dottorato di ricerca in Metodi di Valutazione presso l’Università di Napoli. Si è abilitato all’insegnamento nella classe di concorso “A033 – Educazione Tecnica nella scuola media” nel 2004 e dal 2007 è docente di ruolo. Insegna a Catania presso la Scuola secondaria di primo grado "Rapisardi-Alighieri".
Appassionato di informatica, che insegna nelle classi 2.0 e 3.0, webmaster per diletto e utilizzatore avanzato di programmi C.A.D., grafica e video produzione è autore del sito didattico di Tecnologia educazionetecnicaonline.com
Per Lattes è autore di Infinito Tecnologico, il corso di Educazione Tecnica per la Scuola secondaria di primo grado.

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